UNA GIORNATA SENZATOMICA

Queste parole ci conducono dritti alla mostra interattiva curata dall’associazione SenzAtomica presso il Refettorio di Santa Maria Novella promossa dall’istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, una trasferta per il centro diurno Ferretti datata 18 febbraio 2025.

“Se vogliamo veramente porre fine all’era degli armamenti nucleari, dobbiamo lottare contro il vero nemico, che non sono le armi nucleari di per sé, né gli Stati che le possiedono o le costruiscono, bensì il modo di pensare che ne permette l’esistenza: la prontezza ad annientare gli altri quando vengono percepiti come minaccia o impedimento alla realizzazione dei propri interessi”.

Daisaku Ikeda, noto attivista pacifista e leader spirituale buddista del secolo scorso.

Queste parole ci conducono dritti alla mostra interattiva curata dall’associazione SenzAtomica presso il Refettorio di Santa Maria Novella promossa dall’istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, una trasferta per il centro diurno Ferretti datata 18 febbraio 2025.
Quotidianamente come educatori ci occupiamo della comunicazione non ostile, dell’importanza di un dialogo diretto con il prossimo, per evitare conflitti, attraverso una comunicazione positiva e soprattutto costruita su una forte riflessione. Purtroppo, non è sempre possibile un dialogo sano e pacifico, non soltanto per i nostri ragazzi e ragazze ma anche per noi adulti. Parlare, chiarirsi, evitare discussioni, sembrano azioni semplici, quante volte però ci ritroviamo in situazioni spinose, difficili da risolvere con diplomazia. Rimane fondamentale impegnarsi affinché si possa aprire un canale di comunicazione e non percepire l’altro come una minaccia, per questo motivo il concetto dell’evento in questione, espresso anche dalle parole di Daisaku Ikeda, riportate qua sopra, è di cruciale importanza: un percorso che si intreccia con la nostra vita, dire basta ad armarsi con l’atomica in ambito mondiale, significa porre fino ad un atteggiamento bellicoso, che è parte integrante della società in molti angoli del globo.

L’esperienza della mostra è stata formativa per il gruppo, prima di svolgere la consueta visita con una guida, ci siamo calati in un mondo virtuale grazie al visore, questa tecnologia ci ha permesso di vivere l’orribile momento dello sgancio della bomba atomica sulla città di Hiroshima, per percepire la sensazione di vuoto e la desolazione delle macerie successive. Il momento del visore ha destato un incredibile interesse nel gruppo, tanto che uno dei ragazzi nella parte cruciale del video, dove si vedeva la città nipponica distrutta, ha stretto forte il braccio al compagno accanto, quasi in cerca di un appiglio per salvarsi.

La guida successivamente ha raccontato al gruppo la storia attuale delle potenze mondiali, storia che parla di nazioni che spendono miliardi e miliardi di euro per gli armamenti bellici, un mondo politico che non riesce ad investire soldi per costruire ponti verso la pace ma strade fortificate con armi per annientare le costanti e fumose minacce.

L’esperienza si è conclusa con un laboratorio, il gruppo ha composto la parola pace scegliendo una lingua del mondo per attaccarla all’interno dello spazio della mostra affinché anche una semplice parola possa smuovere le nostre coscienze.

Il senso della mostra è chiaro e quello che ci vuole comunicare è lampante, ma c’è una parola che ha catturato la nostra attenzione durante la visione di un pannello grafico, che spiegava nel dettaglio cosa fosse successo alla popolazione giapponese in quel lontano 1945, il vocabolo in questione è: HIBAKUSHA.

Parola che nella lingua giapponese significa sopravvissuti, coloro che sono riusciti a vivere a dispetto del bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki, coloro che per fortuna o destino sono scampati a questa tragedia ma si portano dietro eterne ferite fisiche e psichiche, coloro che nonostante tutto dal 1956 lottano con l’obiettivo di fare pressione sul governo giapponese per sostenere le vittime di quel drammatico 1945 e sollecitare il governo nazionale e le politiche internazionali a promuovere l’abolizione delle armi nucleari.

Hibakusha, sopravvissuti, resilienti, ultimi, espressioni e aggettivi che costituiscono la condizione di molte persone che per diversi motivi soffrono e lottano per migliorare la loro vita quotidiana. Non si sopravvive solo ad una bomba, si sopravvive ad una condizione sociale denigrante, ad atti di bullismo, ad insulti razziali, all’indifferenza e l’elenco potrebbe durare ancora molte righe ma mi fermo qua. Ecco però che la tenacia degli Hibakusha deve essere da esempio a tutte le persone che stanno provando a lottare per una condizione di vita migliore, affinché ognuno in maniera diversa sopravviva oggi per riuscire a VIVERE domani.

Massimo Fraschi

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